Vini spumanti italiani rifermentati in bottiglia


Sapete cosa fa quell’uomo?

Agita le bottiglie. Si fa solo con Champagne, Franciacorta e Trentodoc, quindi vini spumanti che vengono prodotti con il «metodo classico». Solo durante la seconda fermentazione si crea dell’anidride carbonica: il vino fermo, già fermentato, viene imbottigliato insieme a lieviti e zucchero e poi chiuso bene con un tappo a corona. Mentre i lieviti trasformano lo zucchero in alcol, si crea CO2 che non può essere espulsa. Al termine del processo di trasformazione dello zucchero, i lieviti muoiono e il vino spumante matura «sur lie», sui lieviti, che gli conferiscono quei tipici sentori di pasticceria.


Rimane solo un problema: come si fa ad estrarre i resti dei lieviti? Per fare in modo che i residui si accumulino nel collo della bottiglia, come succede qui per il Trentodoc prodotto da Ferrari, le bottiglie vengono inserite inclinate in scaffali chiamati pupitres e girate ogni giorno. Dopo aver ripetuto questo processo di agitazione per diverse settimane, il collo della bottiglia viene ghiacciato per congelare i lieviti che «saltano» fuori grazie alla pressione non appena si rimuove il tappo a corona. In gergo questo processo si chiama degorgement, o sboccatura. Lo spumante perso viene compensato con il cosiddetto dosage. Il dosage determina la tipologia brut o sec contribuendo al gusto in maniera determinante. La composizione o la quantità precisa di zucchero? È un segreto ben custodito da ogni cantina produttrice.

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